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e vevimmece nu cafè” (Hei, opreste-te un moment sa bem o cafea)

domenica 29 aprile 2012

REAL OPIFICIO BORBONICO di PIETRARSA



Lo stabilimento di Pietrarsa, località posta sulla riva del mare tra i comuni di Napoli, Portici e San Giorgio a Cremano, era una grande realtà industriale del Regno di Napoli e delle Due Sicilie.
La struttura sorgeva su trentamila metri quadrati di superficie in una posizione strategica che consentiva il trasferimento dei prodotti direttamente dal mare alla terraferma ed era considerato il fiore all'occhiello dell'industria metalmeccanica napoletana.

«Nei segmenti produttivi delle Reali Officine di Pietrarsa, tra Napoli e San Giorgio a Cremano, il numero degli operai superava le mille unità mentre l'Ansaldo di Sampierdarena a Genova toccava la metà di questo organico: si fabbricava di tutto e di tutti i prodotti siderurgici e tra questi, nel settore delle armi, granate, bombe, cannoni, cannoncini di montagna. Così a Castellammare di Stabia e nell'Arsenale di Napoli a Molosiglio si passava dalle produzioni in legno a quelle in ferro, mentre si varavano cannoniere, fregate e "pirovascelli" da guerra»

Qui fu partorito il PRIMO treno di Italia e sempre qui nacqua la prima flotta mercantile del Mediterraneo oltre che la Terza flotta Militare piu' importante del mondo.

Tutto iniziò con l'inaugurazione della prima linea ferroviaria in Italia il 3 ottobre 1839, la tratta Napoli-Portici lungo 7 chilometri e primo tratto della linea che da Napoli portava a Nocera.

Nel 1840 il Re Ferdinando II di Borbone, fondò il Real Opificio di Pietrarsa, specializzato nella produzione di macchinari a vapore e nel maggio 1841 venne inaugurata la linea da Portici a Torre del Greco.
In questa struttura, che fu chiamata Reale Opificio di Meccanico e Pirotecnico, furono costruite non solo le prime locomotive, ma anche opere pirotecniche per uso bellico, costruzioni per la Marina, strumenti e opere d'arte. Alcuni esemplari di questa produzione artistica costituiscono opere di pregio, come i candelabri posti sulla scalinata principale di Palazzo Reale a Napoli e la colossale statua in ghisa, fusa in un solo blocco che troviamo all'ingresso, raffigurante Sua Maesta' il Re Ferdinando II mentre dispone la fondazione dell'Opificio, si tratta di una delle più imponenti rappresentazioni realizzate con questo materiale in Italia.

L'Opificio all'epoca costituiva un motivo di vanto, oltre che per essere stata la prima officina meccanica del paese, per la sua imponenza, tanto che fu visitato da illustri personaggi come il Pontefice Pio IX e lo Zar Nicola I di Russia con la intenzione di prendere Castellammare e Pietrarsa a modello per stabilimenti da costruire in Russia.

Nel 1860 Pietrarsa era un vanto mondiale, l'officina metalmeccanica con il maggior numero di occupati in Italia, oltre mille, ma il suo destino si avviava verso il suo inesorabile decadimento con l'Unità d'Italia, quando lo stabilimento di Pietrarsa fu lentamente ma inesorabilmente strangolato; dapprima fu dato ai privati, successivamente lo stabilimento fu privato delle commesse pubbliche e di conseguenza via via si passo' alla riduzione degli addetti.

Una brutta e vergognosa pagina di storia poco conosciuta e trascurata dalla storiografia ufficiale accadde nell'Officina all'indomani della conquista del Regno da parte delle truppe piemontesi nell'agosto 1863; gli operai di Pietrarsa opponendosi alle scelte che avrebbero poi portato alla chiusura dei cantieri si posero in sciopero e furono prontamente repressi e presi a fucilate da una compagnia di Bersaglieri e Guardia Nazionale, fu una strage, una di quelle tante stragi volutamente dimenticate per cento e cinquanta lunghissim anni da tutti.

Quattro operai uccisi e numerosi feriti, per il solo reo di ribellarsi ai licenziamenti e alle innumerevoli soprusi perpetrati ai loro danni.

Pietrarsa così perdeva sempre più la sua importanza, arrivando ad essere declassata ad officina di riparazione nel 1885, facendo posto ad altre industrie che dovevano sorgere al Nord Italia, talvolta addirittura con parti intere dei propri impianti che venivano trasportate via da li.
La chiusura definitiva di Pietrarsa avvenne nel 1975 e l'inaugurazione nel 1989 del museo ferroviario .

Il primo maggio e' una ricorrenza nella quale varrebbe la pena pensare anche ai poveri operai napoletani che perso il Regno delle Due Sicilie, videro persa anche la loro serenita' di lavoratori assieme al naturale orgoglio di appartenenza ad un vanto napoletano.

La storiografia ufficiale ha sempre glissato su tali eventi forse nel timore di accendere qualche malumore, ma la Verita' fa piu' danni se nascosta ed ormai sono troppi anni , un secolo e mezzo, che quei morti sul lavoro caddero senza che nessuno ne ricordasse il sacrificio.

Quegli operai caddero per opporsi alla demolizione di uno dei vanti in cui si identificavano, il loro sacrificio non servi', pero', ad ostacolare la demolizione di tanti altri siti industriali sparsi per il Regno delle Due Sicilie ne' la disperazione che scaturi' da una diffusa disoccupazione che costrinse un intero popolo, negli anni successivi alla conquista, ad emigrare, in quasi 32 milioni in luoghi dove poter lavorare e vivere.

Oggi piu' che mai e' giusto inchinarsi a quelle vittime e ricordare quel massacro di operai affinche' al popolo napoletano venga restituito, se non un risarcimento di danni materiali, almeno quelli morali per la dignita' che per troppo tempo si e' negata ad un intero popolo, costretto ad ingoiare scelte nefaste nella impossibilita' di opporsi alla violenza delle armi, accusato ,poi, di non sapersi gestire al meglio.

Per questo sarebbe giusto che il 1 maggio qualcuno, dopo 150 anni di silenzio, a Pietrarsa accendesse un cero in memoria di tali napoletani martiri sul lavoro.

Che Iddio li abbia in Gloria e benedica questa Terra

— presso A Pietrarsa.

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